Questo mio primo post nasce da un episodio di qualche giorno fa. Seduti, al bar. Un vero amico, di vecchia data, mi guarda fisso. Io guardo lui, ovvia rispondenza imposta dai neuroni specchio. Scruto nelle sue pupille, chiedendomi cosa gli passa nella mente. I secondi si solidificano nell’aria: quasi potevo sentire la loro lenta cadenza scandire quel momento di profonda intimità… o d’incomprensione?
Lui chiude le palpebre mentre assapora un caffè strepitoso (a Milano, è ancora possibile). Io, guardingo, afferro il bracciolo della poltroncina. E riparte: “Sai, non ho capito granché di ciò che fai” mi dice, con quella sua tipica aria da paraculo “Neuroscienze, psico-analisi, matematica: sei stato uno dei più giovani esperti di marketing relazionale in Italia e adesso ti sei dato alla scienza?”
Mica pago, infierisce: “Razionalizzi, e così neghi l’estro creativo, l’essenza stessa dell’esistenza della comunicazione pubblicitaria! Finirai per ammosciare l’idea (‘Idea’ con la ‘I’ maiuscola, intendeva). Tipo pecora Dolly, ricordi? Clonata, ripetibile, meccanicistica, e addio mistero e potenza della creazione. Dio mio, Enrico, non mi convincerai mai!”
Da vent’anni sono immerso nel mondo della comunicazione. E credo fortemente che sia arrivato il momento di dare una svolta decisiva a un ‘processo produttivo’ ideato nel 1800, ancora incredibilmente applicato ai giorni nostri e che – è sotto gli occhi di tutti – sta segnando il passo. Il Customer Minding è la risposta a questa necessità.
“Sai” gli rispondo, agganciandolo con lo sguardo “la vera clonazione avviene proprio nelle agenzie in cui i creativi sono web-dipendenti, strafatti di video e immagini di altri, disperatamente alla ricerca di spunti capaci di spingerli a un’originalità quasi impossibile da ottenere”.
Si guarda in giro, come se qualcuno potesse osservarci disgustato. Poi si sporge verso di me: che abbia catturato il suo interesse? Continuo: “Per non parlare del processo di scelta del messaggio da mandare on-air! Pensaci: sulla base di qualche dato e qualche ricerca, dei creativi dovrebbero essere in grado di ‘entrare nella mente di milioni di individui’ i quali – come negli anni 60, quando la fruizione mediatica era decisamente sotto l’attuale livello d’inondazione – saranno convinti dal messaggio più di quanto lo sia tu in questo momento da me e dalle mille parole che sto investendo per farti capire che le incalzanti scoperte dei meccanismi della mente umana sono, e saranno, la chiave per capire meglio come reagiamo e aiutarci nel costruire messaggi più efficaci”.
“Beeeeeee” mi sussurra, dollyzzandosi.
“Ennò, non funziona proprio così” lo apostrofo “Con MIND:IN vogliamo dare ai responsabili comunicazione e marketing la possibilità di compiere una scelta potenzialmente più efficace prima, e non dopo. Pensaci: è tutto dopo! Il marketing sceglie l’agenzia e la campagna, dopo la mette in test con un bel focus group – tecnica peraltro in progressivo declino, causa l’evidente fallacità delle dichiarazioni dei sondati – e dopo ci investe qualche bel kilo di denaro in media e dopo attende i risultati comunque con una certa, vaga incertezza… Non sarebbe meglio se potesse scegliere prima la soluzione ragionevolmente più efficace, quella che gli darà più risultato? Non la più bella, non quella da premio, non la più divertente, nemmeno la nemesi del creativo di turno: solo, la più capace di accendere certe aree del cervello e generare una risposta emotiva più immediata e persistente, di emergere perché rilevante per la mente. Capisci perché le scienze della mente possono essere la nuova anima della creatività pubblicitaria?”
Ha 2 occhi che nemmeno Dolly…
Affondo: “Se sai come si combinano a livello neuronale i diversi stimoli di comunicazione – parole, suoni, colori, forme, odori – allora potrai determinare una reazione meno dispersiva, dunque migliore? È possibile comunicare per generare risposte ‘sentimentali’ e non rapide risposte emotive? È ipotizzabile dare un senso più profondo alla risposta comportamentale di un individuo? Si può dare un significato diverso a parole altrimenti vuote e abusate come ‘experience’ ‘storytelling’ ‘sensoriale’? Questa è la frontiera del cambiamento nel marketing. Questo è ciò che studia, idea e restituisce il Customer Minding”.
Accarezza l’idea, ne valuta rapidamente le potenzialità, posso sentire i suoi ingranaggi girare e produrre associazioni nuove. Si alza. Sorride. Bela: “Almeno, converrai che però il prodotto è sempre la base…” Sorrido a mia volta: ‘Beee, tutto nasce da lì…’
Enrico Morandi